“Orizzonti”, al cinema per testimoniare l’accoglienza ed i diritti umani

“Orizzonti” è il titolo della rassegna organizzata dall’Ufficio per la cultura della Diocesi di Ragusa, in collaborazione con l’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia.
Il secondo appuntamento ha previsto la proiezione del film “L’ordine delle cose” del regista Andrea Segre. Un film che affronta il tema della piaga dolorosa dei centri di detenzione libici, dove masse numerose di migranti vengono costretti a rimanere subendo ogni forma di violenza e attentato alla dignità umana. Come consueto, la proiezione ha avuto un momento introduttivo ed una riflessione finale che ha visto la partecipazione di alcuni responsabili della Fondazione San Giovanni Battista, di giovani impegnati nel Servizio civile e di migranti titolari e richiedenti protezione internazionale. Tutti, a diverso titolo, testimoni diretti dell’orrore quotidiano che rappresentano ancora oggi i centri di detenzione in Libia.
“La nostra organizzazione – afferma Renato Meli, presidente della Fondazione San Giovanni Battista – con azioni di sostegno e sensibilizzazione a livello culturale esprime il suo ruolo di testimone nel territorio. Siamo lieti di prendere parte a tutti quei momenti che intendono aumentare le opportunità d’incontro e di conoscenza reciproca. In tal modo si aiuta a smontare le paure e a far crescere lo spirito di accoglienza. È bene ribadire sempre che i migranti sono uomini, donne e bambini dalla dignità ferita, calpestata, perché nei loro paesi di provenienza non hanno potuto esercitare la libertà democratica. La culture del benessere sta portando all’indifferenza e all’insensibilità al grido altrui, non possiamo pensare che ciò non sia affare nostro”.
“Il film di Andrea Segre – spiega Rossandra Piazzese, psicologa responsabile di progetto SPRAR – rappresenta davvero un pugno nello stomaco per chi guarda. L’interrogativo universale messo in luce dal regista è se sia giusto tentare di cambiare gli squilibri inaccettabili della società o salvaguardare egoisticamente i propri privilegi. La paura può trasformarsi in fiducia e riconoscimento reciproco. Quello che per molti di noi è solo un film questi ragazzi lo hanno vissuto realmente nei centri di detenzione libica; le torture, le percosse ricevute sono scritte nei loro corpi, i loro occhi sono spenti, e spesso la notte non riescono a dormire perché alcuni eventi vissuti nel recente passato, fanno intrusione nella loro mente”.
“In questi anni – sottolinea Chiara Facello, responsabile per il Servizio civile della Fondazione – abbiamo conosciuto storie di numerosi richiedenti asilo e rifugiati politici, fuggiti dal loro paese perché perseguitati per motivi politici, religiosi, di etnia, di sesso e ascoltando i loro vissuti, instaurando una relazione diretta con loro abbiamo imparato a guardare i migranti con occhi nuovi, non rimanendo indifferenti al loro grido”.
Giovanni Massari è uno dei volontari del Servizio civile universale che ha appena terminato la sua esperienza in un centro di accoglienza. “Durante quest’anno di servizio civile – spiega – mi sono reso conto che per me lavorare con i rifugiati è diventata una missione”. “L’ esperienza con la Fondazione San Giovanni Battista – gli fa eco Giulia Pluchino – mi ha dato l’opportunità di conoscere culture diverse dalla mia, e sentire questi ragazzi come miei fratelli”.
“Conoscere Moussa, William, Lamin, Ousaindu, Babucar, Cherno – conferma Martina Sampugnaro – è stata una esperienza significativa. Per me è bello questa sera, ritrovarmi qui a vedere un film con loro, al cinema, come faccio solitamente con i miei amici; loro sono ragazzi come noi”.

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